Terme di Caracalla
Italia 29/12/12
ROMA - Quello nei sotterranei alle Terme di Caracalla è un piccolo museo, di concezione del tutto nuova, e assai accattivante. In due gallerie, larghe sei metri e alte sei, 47 marmi, a volte figurati ebellissimi, prima d’ora mai identificati: fregi e capitelli che provengono dal Frigidarium, dalle palestre, dalla Natatio, immensa piscina dalle misure degne delle olimpiadi, dalle Biblioteche.
Ma «tra pezzi grandi e piccoli, ce ne sono 2.600 già studiati e catalogati; almeno 150, di qualità e importanza pari a quelli esposti», dice Gunhild Jenewein, studiosa austriaca che ci lavora da 20 anni, per l’Istituto storico del suo Paese: «Non conosco altri edifici a Roma che usino il pregiato marmo pentelico per le decorazioni, oltre a queste due palestre». «Un sogno sarebbe di restaurare altre parti dei sotterranei, finora abbiamo reso agibile il 10% dei 2 km che misurano, ed esporvi altri marmi simili», spiega Marina Piranononte, che dirige il complesso delle Terme.
I nuovi spazi sono stati inaugurati ieri, e da oggi sono aperti. «La soprintendenza archeologica è fiera di questo risultato e di quanto sta facendo per lo Stato», afferma Mariarosaria Barbera, che la dirige: «Tre mesi dopo il Mitreo, abbiamo aperto un’altra gustosa novità di Caracalla. Però, dobbiamo fare i conti con i quattrini».
La soprintendenza è autonoma; incassa e amministra circa 35 milioni di entrate. Solo a Caracalla, 300 mila visitatori all’anno; al Colosseo e al Palatino, sei milioni. «Eppure, ci mancano il 50% dei tecnici e custodi, il 40% del personale amministrativo. La legge sulla spending review ci impone, per il 2012, di versare al ministero dell’Economia un milione e 600 mila euro, tratti dalle spese correnti», continua Barbera. «Non posso ridurre le bollette, i cui prezzi non sono modificabili o trattabili: dovremo risparmiare sulla manutenzione, il che è rischioso». Riaprire i sotterranei, allestire il museo con i reperti posti su rastrelliere che sembrano scaffali di libreria e i capitelli a tre metri d’altezza per capire com’erano (bravo l’architetto Fornasari), e restaurarli tutti, «non ci è costato nemmeno mezzo milione», dice Barbera, «molti ministeri sono soltanto di spesa».
I RECUPERI
«Metà di questi pezzi erano sparsi per i 130 mila metri quadrati delle Terme, e metà ammucchiati; capire da dove provenivano, ricomporli, studiare dove erano collocati, è stato un lavoro assai complesso», spiega Jenewein. Poi, mostra due immensi capitelli figurati del Frigidarium: «Erano sulle colonne da dove provengono i due Ercole: il Farnese, ora al Museo di Napoli, e quello Latino, che è a Caserta, nella Reggia, identificato da Paolo Moreno negli Anni 80; su uno, si ripete proprio questa effigie». E verso la Natatio, il complesso era tutto colorato di marmi dalle tinte diverse: «Colonne in alabastro; quattro agli angoli, di cipollino; e in mezzo, altre in granito di Assuan; e altre ancora in porfido».
La base di una colonna già in una delle due Biblioteche reca evidenti i segni che non è stata completata: la stavano ancora scolpendo. Numerosi sono i segreti che le Terme possono ancora raccontare: già, ma se solo ci fossero i fondi e gli uomini per valorizzare ancor meglio il complesso.
Fonte: www.ilmessaggero.it
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